Una strada che divide


Pochi giorni fa, su diversi quotidiani italiani, è rimbalzata una notizia curiosa: a Sidney, metropoli australiana, c’è una strada nella quale si può fumare su un solo lato.
La situazione curiosa è determinata dalla diversa politica antifumo delle municipalità che hanno giurisdizione sui due lati dell’arteria viaria: King Street, infatti, ricade nella giurisdizione del consiglio municipale di Marrickville per il fronte ovest, e in quella del consiglio della City of Sidney per il fronte est.
L’amministrazione di Marrickville ha una politica più decisa nel contrastare il fumo in luoghi pubblici e ha deciso di vietare la possibilità di fumare in ogni luogo all’aperto, tra i quali ricadono anche i tavolini all’esterno dei locali con plateatico sul marciapiede del lato ovest di King Street. Questa decisione ha portato alla migrazione di molti clienti abituali sul fronte opposto, attratti dalla possibilità di continuare a sedere all’aperto, fumando una sigaretta mentre si godono una consumazione al bar. La cosa non piace affatto ai gestori dei locali della zona ovest, che si vedono danneggiati gratuitamente e sono pronti a dar battaglia, specialmente perché hanno regolarmente pagato l’uso del plateatico per i tavoli destinati a quella che è stata fin’ora l’area fumatori.
I clienti sembrano dar ragione ai timori degli esercenti, dichiarandosi pronti a cambiare lato della strada per poter continuare a godersi una pausa sigaretta. I non fumatori più intolleranti, invece, sono ben contenti della novità, dato che non sono pochi coloro che sono infastiditi dall’odore del fumo, anche quando molto rarefatto.
In Italia la proibizione del fumo nei locali pubblici risale al gennaio 2005.
Sono passati solo 6 anni ma sembrano anni luce. A me, ex fumatrice, la legge contro il fumo nei locali pubblici ha regalato la possibilità di mangiare senza soffocare e di uscire da un locale puzzando solo di fritto.
Ammetto che neanche io gradisco di trovarmi sottovento quando qualcuno fuma, specie se si tratta di più di una persona (e il fumo ha una nota conviviale per cui la sigaretta di uno fa innescare il desiderio dell’altro), ma sinceramente la proibizione all’esterno degli ambienti mi pare davvero troppo. Posso concordare che non sia consentito di fumare in spazi espressamente dedicati ai bambini o a persone convalescenti, ma, a parte questo, credo che ci sia un eccesso di accanimento verso i fumatori.
Il fumatore, conscio della propria dipendenza, spesso è un po’ arrogante ed aggressivo, ma se rispetta i limiti imposti è giusto che possa intossicarsi a proprio piacimento negli spazi aperti e in quelli a lui destinati.
Se per gli spazi aperti in Italia, per ora, non ci sono troppe difficoltà di fruizione, osservando i locali pubblici mi sono resa conto che le prescrizioni di legge per creare gli ambienti da dedicare a questi particolari consumatori hanno di fatto portato all’esclusione quasi categorica della possibilità di fumare in un pubblico esercizio di qualsivoglia genere. In tutti questi anni ho catalogato mentalmente pochissimi spazi dedicati (anche se non fumo da quasi 10 anni, mi accompagno con persone che lo fanno e poi sono curiosa): ci sono gli “acquari” a Santa Marta, la scatoletta trasparente al secondo piano dell’aeroporto Marco Polo, le anguste omologhe dei centri Ikea rallegrate da verdi piantine (in plastica), e due stanze soffocanti in due grandi pub (nelle quali gli avventori fumanti si stringono per la pausa, ma si guardano bene dal rimanere).

In molti ci saremmo aspettati che le normative spingessero le strutture ad adeguarsi per non perdere i clienti; invece, complici i costi di adeguamento e le oggettive difficoltà di progetto per soddisfare i requisiti prescritti, dopo un periodo di transizione e incertezza, qualche sbuffo e tafferuglio sporadici, i gestori hanno preferito lasciar cadere le necessità dei fumatori, ed i clienti hanno lentamente ceduto alla necessità di rispettare la legge.
Una certa quota del “successo” è da ascrivere agli sguardi in cagnesco dei non fumatori, che in breve tempo hanno guadagnato forza e veemenza, passando dalla mal sopportazione all’aperta persecuzione di chi contravveniva la nuova norma: essendo la maggioranza, la sanzione di illegittimità ha dato voce a coloro che da tanto dovevano tollerare loro malgrado di essere affumicati.
In definitiva, l’aspetto più rilevante dell’avvento della legge contro il fumo è un effetto indiretto: i fumatori sembrano più educati e più consapevoli del fastidio che arrecano, quindi più pronti a “contenere le loro emissioni dannose” rispetto agli altri.

Per garantire la possibilità di coltivare un vizio sempre più impopolare, si potrebbe immaginare di realizzare degli Smoking Box con la stessa logica degli SleepBox, collocarli in luoghi di grande passaggio dove non si può fumare , che spesso sono anche luoghi in cui la gente ediventa nervosa e sente la necessità di una sigaretta, come stazioni ed aeroporti… ( ved farworkshop.wordpress.com/2011/06/23/selezione-informale-di-notizie-darchitettura-e-concorsi-dal-web/?preview=true&preview_id=2940&preview_nonce=e7950de11c )
Un bel tema di progetto per un concorso, e forse anche un oggetto con un bel potenziale di mercato. No?

Una risposta a "Una strada che divide"

  1. Proibire di fumare all’aperto sarebbe eccessivo, come tu dici, però – a mio parere, dato che ci rifletto da un po’ di tempo – ci sono alcuni spazi pubblici dove per forza di cose ci si trova a stare in molti in luoghi ristretti, e a quel punto secondo me questi spazi aperti andrebbero considerati alla stregua di spazi chiusi.

    Per esempio: le fermate dei mezzi pubblici; le banchine del treno; le code per qualsiasi cassa / luogo da visitare; i posti a sedere di un bar / ristorante all’aperto.

    Personalmente non ho nulla contro i fumatori, ma c’è da dire che spesso, negli spazi che ho citato, ci si trova a subire per forza di cose il fumo di qualcun’altro, e a quel punto la distinzione aperto / chiuso ha poco senso (parlando sempre di spazi condivisi).
    Oltretutto la legge credo abbia reso i non fumatori ancora più sensibili nei confronti del fumo, quindi ora lo si sente dieci volte più di prima, anche a una certa distanza.

    Come nota, non vedo la differenza tra il “dover” tutelare la salute di un bambino o di un convalescente, e quella di un adulto… tengo alla mia salute tanto quanto a quella di mio fratello di 8 anni o di mio nonno di 70. Penso sia un diritto a prescindere dall’età.

    Ciao!! Benedetta

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