Andare a far due passi al cimitero


Canaletto, San Cristoforo, San Michele and Murano, 1725-30

Non si tratta di un modo garbato di invitare qualcuno a levarsi dai piedi definitivamente, o di una battuta scherzosa, ma di un suggerimento per una passeggiata in un luogo di Venezia che è spesso familiare solo ai cittadini, per tristi ragioni.
Venezia, prima dell’istituzione del camposanto di San Michele, aveva piccoli cimiteri sparsi per la città, vicini alle chiese, come testimoniano i numerosi “Campo dei morti” e “Calle del Cimitero” che si trovano in città, oltre alle comuni sepolture all’interno di edifici religiosi.
In epoca rinascimentale si cominciò a depositare le ossa esumate sull’isola di San Ariano tra Burano e Torcello, detta anche Ossario, pertinenza della scomparsa Costanziaco alle foci del Sile: questa parte della laguna era stata abbandonata a causa delle cattive condizioni ambientali in cui proliferava la malaria per l’immissione delle acque dolci del fiume, che fu in seguito deviato per questa ragione.

Sull’isola, prima di essere trasformata in tristo deposito, tanto per cambiare, aveva sede un noto monastero femminile, chiuso nel 1539 per i numerosi scandali dovuti alla licenziosità delle monache e dei loro visitatori.
Questa funzione di particolare stoccaggio è durata fino al 1933: motivo per cui, nel 1665, fu eretto un muro per nascondere alla vista dei passanti le montagnole di ossa accatastate, tutt’ora visibili.

Il muro di San Ariano

San Michele ospita uno dei cimiteri isolani (l’altro è al Lido insieme all’Ebraico) e la sua conformazione attuale è data dalla fusione di due piccole isole. La prima, più vicina a Murano che a Venezia é nota anche come Cavana de Muran poiché i muranesi vi lasciavano a riparo le loro imbarcazioni, fu sede di una chiesa intitolata a San Michele Arcangelo già dal X secolo, costruita per volere delle famiglie Briosa e Brustolana.
Un paio di secoli dopo il vescovo di Torcello concesse l’uso dell’isola e della chiesa all’ordine camaldolese che rimaneggiò l’edificio.
Quest’ordine ha come scopo la coniugazione della dimensione comunitaria e solitaria della vita conventuale, che si esprime anche nello svolgere una funzione di ponte fra le tradizioni monastiche d’Oriente e Occidente: all’epoca la laguna veneziana era un luogo più che simbolico per gli scambi culturali e non, perfetto per radicarsi e dar corso a questa particolare vocazione.
Dal 1212, quindi, i Camaldolesi crearono un centro di rilievo culturale ospitando: eminenti studiosi di teologia e libri di viaggi, lapidari, erbari, cosmografie arabe e cinesi.
Tradizione vuole che San Romualdo, fondatore dell’ordine, abbia trascorso qui alcuni anni da eremita, ed in seguito vi trovarono dimora Fra Mauro, noto geografo del Quattrocento, costruttore del planisfero conservato alla Biblioteca Marciana, e Fra Cappellari futuro papa Gregorio XVI.
Il laboratorio divenne noto anche per le preziose mappe nautiche che qui venivano realizzate, commissionate da veneziani e stranieri.
In seguito il monastero erettovi fu elevato al rango di abbazia. Nel 1436 fu iniziata la realizzazione del Chiostro “piccolo”, seguito a breve dal campanile.
Come molte altre fabbriche, anche questo complesso fu oggetto di rivisitazione rinascimentale, e verso la fine del XV secolo, per il suo restyling, fu convocato l’architetto Mauro Codussi, che ne codificò l’aspetto attuale facendone la prima chiesa veneziana del Rinascimento, tratteggiata dalle semplici e nitide linee della nuova facciata, che suggeriscono la ripartizione interna, anche grazie alle sottili lesene che terminano nel triplice coronamento curvilineo.

La facciata della chiesa di San Michele

Nel secolo successivo si aggiunsero un’ala per la foresteria e la cappella Emiliana.
Nel 1807 Napoleone decretò la costruzione di cimiteri lontani dalle zone urbane per ragioni di pubblica igiene, e, destinata a questo scopo l’isola di San Michele, i frati l’abbandonarono per trasferirsi a San Gregorio di Celso a Roma, portandosi tutti gli archivi e la preziosa biblioteca composta da 180 mila volumi e 36 mila codici manoscritti.
In seguito (dal 1817 al 1829) il governo austriaco destinò il monastero a carcere politico. nel quale fu rinchiuso anche Silvio Pellico.
Infine il complesso è stato affidato alle cure del convento di San Francesco, dal 1829.

Particolare delle isole di San Michele e San Cristoforo, tratta dalla “Veduta di Venezia” del 1500 di Jacopo de’ Barbari.

In prossimità di San Michele vi era l’isolotto di San Cristoforo della Pace, secondo complesso religioso dismesso per far spazio alla nuova funzione, che tra il 1835 e il 1870 fu congiunto alla prima per ampliare la superficie da destinare ai defunti, interrando il canale che le separava.
Sull’isola di San Cristoforo si trovava infatti un monastero, insediato nel 1424 quanto i frati di Santa Brigida ricevettero la concessione dal Doge Francesco Foscari. L’edificio passò poco dopo nelle mani degli Eremitani agostiniani che ricostruirono chiesa e convento. Con il decreto vicereale del 28 luglio 1806, che stabiliva accorpamenti e soppressioni per numerosi istituzioni religiose cittadine (essendovi nel veneziano 65 tra monasteri e conventi, mentre nella piccola diocesi di Torcello ormai prossima all’eliminazione, ve n’erano 19), la comunità fu concentrata altrove dopo che tutti i beni ecclesiastici erano stati avocati allo Stato nel 1805.
Quando nel 1807 si decise di realizzare il nuovo cimitero, si stabilì che la chiesa ed il convento dovessero essere demoliti e le due isole fuse.

Una vecchia immagine con il ponte che veniva costruito per collegare Fondamente Nuove a Murano nei giorni dedicati al culto dei defunti.

I veneziani ci misero un po’ ad accettare di doversi recare così lontano per salutare i defunti, ma con il tempo questo luogo è divenuto familiare, offrendo dimora anche a nobili greci e russi e personaggi famosi che lo hanno scelto per il suo incanto particolare, come Sergej P. Djagilev, l’amico che volle essergli sepolto accanto Igor F. Stravinskij ed Ezra Pound.
Questo luogo ameno merita una visita: la chiesa è magnifica, come il campanile e gli interni, mentre il giardino ha una bellezza ed una quiete singolari ed è un peccato farsi condizionare dalla sua “destinazione d’uso”, che invece ne accresce il fascino.

Fonti:
Archivio di Stato di Venezia

Arciconfraternita di San Cristoforo e della Misericordia

Isole scomparse

Monastero di Camandoli

Museo Correr, San Michele in Isola. Isola della conoscenza. Ottocento anni di storia e cultura camaldolesi nella laguna di Venezia fino al 12 settembre 2012

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